Come può il lavoro emancipare l’uomo? Nell’opera la “Fenomenologia dello spirito” Hegel descrive una dinamica moderna e universale: la dialettica del servo e del padrone. In questo confronto il lavoro diventa mezzo di riscatto attraverso cui il servo, sottomesso al padrone, si migliora riconquistando la propria dignità.

Nella dialettica hegeliana, infatti, il padrone trionfa inizialmente sulla volontà del servo, ma è quest’ultimo, attraverso il lavoro, a riscattarsi. Costretto a confrontarsi con la natura per conto del padrone, il servo sviluppa abilità, conoscenze e una consapevolezza di sé che il padrone non possiede e dipende pertanto dal lavoro di questi.

La centralità attribuita al lavoro in questa concezione filosofica trova un sorprendente riflesso nel testo della Costituzione italiana, che nell’articolo 1 proclama: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Dopo il dramma della Seconda Guerra Mondiale e la caduta del fascismo, si scelse di fondare la nuova Repubblica non sul potere o sulla forza, ma sul lavoro, riconosciuto come il fulcro della dignità umana e della coesione sociale.

Se il lavoro è visto come strumento di libertà, la realtà contemporanea mostra quanto sia difficile, in alcuni casi, tradurre questo ideale in pratica. La precarietà, la disoccupazione e le disuguaglianze sociali minano il ruolo del lavoro come motore di emancipazione. Il lavoro è dignità. È libertà e dovrebbe pertanto essere garantito a tutti.

Adele Salvadore