Il giorno 28 novembre alcune classi del nostro liceo hanno assistito allo spettacolo teatrale “Clitennestra”, intepretato da Isabella Caserta e Jana Blakan presso il Teatro Scientifico-Teatro Laboratorio, in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne.
La vicenda inizia con il ritorno di Agamennone a Micene dopo aver combattuto nella guerra di Troia, cui segue l’assassinio di quest’ultimo da parte della moglie Clitennestra, come vendetta per il sacrificio della figlia Ifigenia (dovuto al volere del padre, desideroso di avere un esito vittorioso in guerra) e per le sue azioni. Infatti Agamennone ritorna a casa con la principessa Cassandra divenuta sua prigioniera di guerra. In assenza del marito, lontano da casa per più di dieci anni, Clitennestra aveva cominciato a frequentare il cugino di Agamennone, Egisto. Era iniziata così una relazione clandestina che li avrebbe portati ad essere complici dell’uccisione di Agamennone. In seguito Oreste, figlio di Agamennone e Clitennestra, ritorna per vendicare la morte di suo padre: con l’aiuto della sorella Elettra, uccide la madre Clitennestra.
Durante lo spettacolo per prima cosa sono state proiettate una serie di immagini impregnate di dolore e sofferenza che si susseguivano l’una con l’altra portando messaggi di disperazione e guerra. Successivamente hanno fatto il loro ingresso sulla scena due attrici le quali rappresentavano due personaggi affini ma differenti: una interpretava Clitennestra, l’altra l’alter ego di Clitennestra, ovvero la sua seconda personalità. Le scene a cui abbiamo assistito attraversavano soprattutto i pensieri interiori di Clitennestra che raccontava il suo stato interiore anche attraverso oggetti simbolici con cui si rapportava durante tutta la durata della rappresentazione. Alcuni esempi di questo tipo di oggetti sono la vasca, che rappresentava il luogo in cui Agamennone venne ucciso dalle mani della moglie e del cugino, il mantello rosso, che rappresentava il sangue perso durante l’uccisone, e infine il trono, testimone della sua posizione sociale come regina.
Ilaria Vinco e Angela Pellicari
Un commento allo spettacolo – Lo spettacolo, secondo me, voleva trattare una tematica molto precisa, ovvero il valore assente della donna nell’antichità, poiché Clitennestra era trascurata e non veniva mai considerata come una regina, bensì come la moglie di un re, come un possedimento, un’appartenenza. Eppure l’amore non è una prigione, non è una dittatura, un insieme di obblighi e divieti, l’amore è il dono di poter essere se stessa senza essere giudicata.
Dal punto di vista tecnico la recitazione, emotivamente molto intensa, ha contribuito a far comprendere la tragedia come se la stessi vivendo in quello stesso istante; personalmente mi ha permesso di riflettere molto su quello che consideriamo giusto o sbagliato, innocente o colpevole, vittima o carnefice.A molti giovani potrebbe sembrare noioso lo spettacolo, senza immagini, sfondo e dettagli vari. In realtà questi elementi sono secondari, solo la recitazione dovrebbe essere in grado di trasportare lo spettatore all’interno della storia; noi siamo abituati a vedere i film dove ci sentiamo costantemente intrattenuti dalle animazioni, dai luoghi e non riusciamo a percepire la vera tematica di quello che stiamo guardando. Ammetto che alcune parti dello spettacolo non sarebbero così facili da capire, soprattutto quelle in greco, se non ci fosse la traduzione; tuttavia, non sono fondamentali per cogliere il vero messaggio che vogliono trasmettere.
In alcune parti del mondo, oggi nel ventunesimo secolo, la donna viene vista come un oggetto e io mi chiedo quanto tempo servirà ancora per far capire alla società che la donna non è un bottino di guerra, una minaccia, un burattino, un personaggio secondario della società, ma è una persona, protagonista della propria vita, libera di amare ed essere amata.
Valentina Bellamoli