Le prove Invalsi sono prove standardizzate che gli studenti svolgono su scala nazionale in diverse fasi del loro percorso scolastico per individuare il loro livello di competenza in alcune materie come Italiano, Inglese e Matematica.
I ragazzi che frequentano la Terza media, la seconda e quinta superiore sostengono queste prove grazie ai computer delle scuole, mentre per gli alunni della scuola primaria, che frequentano la classe seconda e quinta, le prove sono cartacee. Le Invalsi misurano, quindi, le competenze fondamentali acquisite dai ragazzi su determinate materie durante il tutto loro percorso formativo. Sicuramente i risultati che emergono sono quanto mai oggettivi e trasparenti, poiché questo tipo di prova elimina la componente soggettiva del valutatore. Con queste prove, poi, prende inizio un accurato lavoro di ricerca che individua i punti di forza e di debolezza delle scuole in esame, fornendo indicazioni su come intervenire per migliorare i livelli di apprendimento raggiunti.
Proprio per questo, però, le Invalsi possono generare gerarchie e competizioni tra diverse scuole e rischiano di sminuire il ruolo del docente. L’attendibilità delle prove per competenze, infatti, che non valuta le variabili del contesto educativo, non rende ragione dell’effettivo valore del lavoro del docente e del successo formativo che apporta rispetto alle condizioni di partenza della classe. Le prove Invalsi, pertanto, non sono il metodo adeguato per valutare gli insegnanti. Inoltre, poiché tali prove riguardano solo una piccola parte degli apprendimenti dei ragazzi, molti altri restano esclusi. Nella prova di Italiano, ad esempio, vengono analizzate la comprensione del testo e le conoscenze di tipo grammaticale, ma non vengono prese in considerazione le capacità di produrre un testo, esporre oralmente, trovare collegamenti tra le varie discipline e ragionare in modo personale e critico.
Se da un lato, dunque, queste prove nazionali forniscono un quadro generale che può essere utile per dare indicazioni operative su come migliorare il processo di insegnamento-apprendimento, dall’altro non riescono a fornire una valutazione completa del percorso effettuato dallo studente e dei suoi progressi, poiché non tengono conto delle molteplici variabili presenti. Per di più non forniscono informazioni dei progressi degli alunni dal punto di vista umano, sociale e relazionale che concorrono a uno sviluppo completo e armonico della persona. Il rischio è quindi che diventino solo uno strumento di controllo degli apprendimenti che mette in secondo piano la complessità di tutto il percorso formativo.
Sara Tommasi