Sicuramente avete già sentito parlare dell’economia circolare, ma siete sicuri di sapere di cosa si tratta? Innanzitutto è importante specificare che il modello economico predominante è quello lineare: la vita di un prodotto ha un percorso from cradle to grave, dalla “culla” alla “tomba”.
In sostanza, a partire dalle materie prime, il prodotto viene creato, usato e infine gettato. La vita del prodotto è dunque breve e questo modello economico ha un forte impatto sul pianeta. Causa infatti notevoli immissioni e sfruttamento eccessivo delle risorse, che non essendo sempre rinnovabili non sono abbastanza per soddisfare il fabbisogno mondiale.
Per diversi motivi avremmo quindi bisogno di un un nuovo modello economico, più sostenibile e rispettoso verso la natura. Una soluzione potrebbe essere il passaggio all’economia circolare, che si basa su un diverso percorso del prodotto: from cradle to cradle, dalla “culla” alla “culla”. È un processo che allunga la vita dei prodotti, favorendo il loro riuso, la loro riparazione e processi di riciclo che permettono la reimmissione degli scarti nel processo produttivo.
Ma come potremmo passare a questo nuovo tipo di economia? Ogni passaggio della produzione richiede trasformazioni. A partire dalla progettazione del prodotto, che dovrebbe facilitare il futuro disassemblaggio (il cosiddetto eco-design), all’uso del prodotto, che dovrebbe durare il più a lungo possibile, fino al riciclo dei rifiuti. Quest’ultima fase è fondamentale perché trasforma i prodotti non più utilizzabili in materie prime secondarie, che sostituiscono quelle primarie prelevate dalla natura.
Nell’economia lineare quindi il rapporto B2C, business to consumer, che prevede la realizzazione di prodotti finalizzati alle esigenze dei consumatori, si trasforma, con l’avvento del modello economico circolare, in un rapporto di tipo C2C, cradle to cradle. I modelli industriali si adattano così a quelli della natura e si realizzano i prodotti già in funzione della loro nuova vita. Un cambiamento necessario per arrivare ad uno sviluppo sostenibile e per ridurre notevolmente le emissioni di CO2.
Vittoria Recchia e Francesca Braga