In Palestina dal 7 ottobre è stata dichiarata nuovamente guerra: la situazione è molto critica e in attesa che i governi e le organizzazioni internazionali trovino una strada per la pace, non possiamo esimerci dal chiederci come si possa vivere da civili in questi luoghi di morte e di sofferenze estreme. Cosa sta succedendo veramente? E soprattutto a che punto è la situazione umanitaria? Uno sguardo ai bambini.
L’attacco di Hamas del 7 ottobre ad Israele, detto anche operazione alluvione Al-Aqsa, costituito da una serie di offensive militari, ha causato la morte di 1300 civili, dopo questo attacco lo stato di Israele ha risposto con altre operazioni militari, mai viste prima, indirizzate alla Striscia di Gaza che hanno provocato migliaia di morti.
Questo conflitto prolungato, da oltre tre mesi, ha portato ad una crisi umanitaria che sta manifestando gravi conseguenze per i civili violando i loro diritti umani fondamentali. Circa 1,7 milioni di civili palestinesi sono sfollati e nonostante gli aiuti esterni, che vengono dati a Gaza durante le pause umanitarie, non si riesce a sostenere il bisogno di cibo, acqua, alloggi, forniture salvavita, medicinali, servizi igienico-sanitari e carburante. La mancanza di carburante porta ad una produzione minore di energia e per quanto riguarda i servizi igienico-sanitari molti cittadini palestinesi, che si trovano in situazioni critiche, non possono accedervi a causa di un sistema sanitario sovraffollato, con risorse sempre più scarse e in totale collasso in seguito ai continui bombardamenti da parte di Israele.
L’UNFPA (United Nations Fund for Population Activities) afferma che è anche necessario garantire forniture salvavita per la salute riproduttiva, infatti si stima che ogni mese 5.500 donne partoriscono, circa 180 parti al giorno, e che senza le attrezzature necessarie 840 donne potrebbero avere complicazioni legate alla gravidanza o al parto. L’UNFPA sta inviando kit che oltre a contenere prodotti farmaceutici, attrezzature, anestetici e forniture ostetriche e neonatali di emergenza, contengono anche kit per un parto pulito per migliorare le condizioni igienico-sanitarie.
Questo conflitto colpisce tutti i civili ma in particolare i bambini che sono stati privati di tutti i loro diritti fondamentali, quali il diritto all’educazione, alla salute, alla libertà di movimento e di espressione ed infine al diritto di uno sviluppo psicologico equilibrato. Cosa ne sarà di loro dopo aver visto quanto sta accadendo fin dalla loro nascita, nella loro infanzia? Cosa si sta imprimendo nelle loro giovani menti? Quali ricordi si stanno formando? Tutto questo vale sia per i bambini palestinesi sia per gli israeliani che, con le scuole chiuse o distrutte, a centinaia di migliaia vengono privati di istruzione. Vagano tra le macerie, tra i resti delle loro case, dei loro villaggi… Quale speranza possono avere?
I due paesi stanno cercando di trattare per far cessare il fuoco, ma fino ad ora sembra che non si sia giunti ancora ad una soluzione. Al momento è impossibile fare dei pronostici su come andrà a finire questo conflitto, ma se spostiamo lo sguardo in altre direzioni, come nel cuore dell’Europa, possiamo vedere un’altra guerra che si sta combattendo da circa due anni. Allo stesso modo altri conflitti in Africa come in Asia da decenni si consumano impedendo a nuove vite di pensare ad un futuro di pace. Cosa ne sarà di questi bambini se i loro modelli sono gli adulti di oggi?
Bouthaina Bouheka