“C’è ancora domani” è un film che conquista. La regista e protagonista del film, uscito in tutte le sale cinematografiche il 26 ottobre, è l’attrice Paola Cortellesi che veste i panni di Delia, una donna che vive nella Roma del dopoguerra.
Come normale a quei tempi, è relegata al ruolo di “donna di casa”, moglie e madre. In più accudisce il suocero e si dedica ad alcuni lavoretti in modo da racimolare qualcosa, che alla fine però finisce sempre nelle mani del marito Ivano. Quest’ultimo è il tipico “pater familias” convinto che tutto gli sia dovuto. Si lamenta di continuo e spesso alza le mani sulla moglie, la quale si preoccupa di proteggere da questa condizione i propri figli. Marcella, la figlia maggiore, è in procinto di sposarsi con un ragazzo di buona famiglia, ma Delia si accorge di atteggiamenti del giovane che potrebbero sfociare in una possibile violenza. È proprio l’istinto di protezione verso la figlia a darle la forza di rivoluzionare la situazione, salvandola da un rapporto malsano e da una vita di sofferenza come la sua. Di ritorno dal mercato incontra quotidianamente il meccanico, un suo vecchio amore adolescenziale, che le propone di scappare con lui e, una mattina presto di qualche tempo dopo, Delia prepara le sue cose ed esce di casa di nascosto. Sembrerebbe che i due abbiano intenzione di scappare insieme, ma il finale è sorprendente: Delia non sta raggiungendo il suo amore, ma sta andando a votare per la prima volta. Uscendo di casa, però, le cadono i documenti e il suo sogno sta per ridursi in frantumi, quando le corre incontro la figlia, che glieli porge. Anche Ivano la raggiunge e i due si guardano, lei fiera di essersi finalmente riscattata, lui amareggiato per non essere arrivato in tempo.
Paola Cortellesi ci ha stupito ancora una volta, affrontando un tema sfortunatamente poco trattato: quello della violenza sulle donne, che molto spesso avviene tra le mura domestiche e per questo è stato a lungo considerato un fatto “privato”, quindi più tollerabile. Il secondo tema riguarda l’emancipazione femminile: infatti Delia, durante il corso della storia, si mostra come una donna sottomessa, frutto di una cultura patriarcale, ma sul finale del film ci sbalordisce, perché grazie all’amore per la figlia trova la forza di alzare la testa, votando per far sentire la sua voce e per dare un futuro migliore a tutte le donne.
Ottima la scelta di girare il film in bianco e nero, in modo da calare l’osservatore ancora meglio nel tempo descritto nella vicenda. Le scene che più colpiscono sono sicuramente quelle della violenza fisica che Ivano esercita su Delia. Questa parte è coreografata a tempo di musica con una danza macabra e non in modo crudo e realistico. Probabilmente la Cortellesi ha utilizzato questa modalità alternativa per non compromettere la sensibilità dei più giovani e per rendere ancora meglio l’idea di una routine quotidiana. Da segnalare inoltre la scena finale nella quale Delia, uscita dal seggio elettorale, incrocia gli occhi della figlia e, sorridendole, canta la canzone “A bocca chiusa” di Daniele Silvestri che racchiude il significato profondo di tutto il film.
Questo film è adatto a tutti, ma in particolare dovrebbero vederlo i nostri coetanei. Spesso ci dimentichiamo quanti passi avanti siano stati fatti per arrivare a questa, anche se parziale, parità di genere e quindi diamo per scontato alcune libertà che a quei tempi non erano tali. Siamo noi la generazione che ha il dovere di portare avanti il cambiamento e sarebbe una vergogna nei confronti di tutte quelle donne che hanno lottato per la nostra libertà, se ci disinteressassimo di temi come questi. Riguardano tutti, non dimentichiamolo.
Chiara Pira