“Hikikomori“, termine giapponese coniato dallo psichiatra Tamaki Saito, significa letteralmente “stare in disparte”. Viene utilizzato per riferirsi a una decisione volontaria di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi con conseguenze anche molto gravi, come l’abbandono scolastico e l’auto-reclusione nella propria abitazione o stanza.
Questo fenomeno riguarda principalmente giovani dai 14 ai 30 anni, soprattutto maschi, anche se il numero delle ragazze potrebbe essere più alto di quanto stimato finora. Secondo le indagini ufficiali condotte dal governo giapponese, ci sarebbero oltre un milione di casi, con un vistoso aumento del fenomeno anche nella fascia di popolazione con più di 40 anni: questo perché, nonostante l’hikikomori si manifesti principalmente durante l’adolescenza, esso tende a persistere e può dunque durare per tutta la vita. L’hikikomori sembra non essere una sindrome culturale esclusivamente giapponese, come si riteneva all’inizio, ma un fenomeno sociale che riguarda tutti i paesi economicamente sviluppati del mondo, inclusa l’Italia.
Come spiega lo psicologo e fondatore dell’associazione Hikikomori Italia, Marco Crepaldi, alle radici di questo fenomeno troviamo un forte disagio adattivo sociale. Spesso i giovani provano grande ansia sociale, trovando difficoltà a relazionarsi con l’ambiente attorno a loro. Nella maggior parte dei casi si tratta di ragazzi con un elevato QI e personalità introversa e introspettiva, dunque persone molto sensibili e profonde. Spesso questi soggetti si rifugiano in loro stessi a causa di difficoltà a rapportarsi anche con i genitori iperprotettivi o irrispettosi dei loro bisogni. Queste problematiche portano i ragazzi a convincersi di sentirsi meglio rinchiusi in un piccolo spazio, abitato solo da loro stessi. L’interruzione del rapporto con la società impedisce loro di compiere errori e dunque di crescere rimanendo così eterni adolescenti.
La permanenza in isolamento ha conseguenze negative anche sull’alimentazione e l’attività fisica, danneggiando così la salute. Generalmente questi soggetti invertono completamente il ritmo di sonno- veglia, dormendo di giorno e rimanendo svegli di notte. Si ritrovano ad odiare la loro vita e, provando questa grande frustrazione, spesso giungono ad un atteggiamento autodistruttivo, ossia a comportamenti autolesionisti, abuso di sostanze per raggiungere un unico obiettivo: farsi del male. Gli hikikomori, man mano che avanzano nella sintomatologia, iniziano a sviluppare anche un’ansia del tempo perso pensando di non poter più fare nulla nella loro vita, perdendo il contatto con la realtà e aumentando la possibilità di sviluppare disturbi dissociativi e ossessivo-compulsivi.
Aiutare questi individui è fondamentale e principalmente si tratta di una necessità espressa dai genitori. Si cerca di fornire un aiuto psicologico online o a domicilio partendo dalla famiglia per arrivare al ragazzo. Ci si rapporta con un atteggiamento non giudicante con il quale il terapeuta si concentra sul benessere del ragazzo senza alimentare le pressioni. Un consiglio importante per i genitori è quello di non mettere in atto comportamenti coercitivi, ad esempio vietando al figlio di chiudersi in stanza. Fondamentali poi sono l’aiuto psichiatrico e, qualora servisse, dice lo psicologo Crepaldi, un intervento farmacologico.
Caterina Balint