“Non conosciamo mai il valore dell’acqua finché il pozzo non si prosciuga” affermava nel Settecento Thomas Fuller, scrittore inglese noto per i suoi aforismi. In effetti l’acqua è una risorsa che pensiamo di possedere in quantità infinita, quando invece la percentuale sfruttabile dalle attività umane è meno dell’1% dell’idrosfera.
Non solo la disponibilità dell’acqua non è infinita, ma la sua distribuzione nel mondo non è equa. Infatti il 60% delle risorse idriche utilizzabili si trova concentrato in pochi stati come Canada, Stati Uniti e Russia, mentre diversi paesi africani, l’Arabia, la Malesia e la Tailandia risentono della mancanza d’acqua per cause economiche o geografiche. Le disuguaglianze legate all’approvvigionamento di questa preziosissima risorsa in alcune zone del mondo portano a delle vere e proprie guerre per l’“oro blu”: le Water Wars. Tra il 2000 e il 2009 sono stati registrati 94 scontri e, tra il 2010 e il 2018, si è arrivati addirittura a 263.
Molti sono gli esempi di contese già in atto. L’Iraq meridionale soffre ormai da alcuni anni di siccità causata dalle costruzioni di imponenti dighe in Turchia, che hanno l’obiettivo di migliorare l’economia di alcune zone povere del paese, ma allo stesso tempo limitano la portata d’acqua dei fiumi Tigri ed Eufrate. Anche l’India e il Pakistan potrebbero dar vita ad un acceso scontro, che avrà come pomo della discordia il controllo delle acque del fiume Ravi. A causa della diga recentemente costruita dall’India su tale fiume, infatti, si sta aggravando la situazione di siccità nel Pakistan. In Africa si registrano scontri tra Egitto, Sudan ed Etiopia per la gestione delle acque del fiume Nilo. E’ da premettere che questo fiume è stato “venerato” dagli antichi Egizi perché, grazie alle sue piene cicliche e al rilascio del limo, rendeva molto fertile la terra. Oggi lo sfruttamento del Nilo è aumentato dal momento che, a partire dal XX secolo, sono state costruite diverse opere idrauliche negli stati in cui scorre. Ad alzare la tensione ultimamente è stata la costruzione in Etiopia dell’impianto idroelettrico Grand Ethiopian Renaissance Dam (diga di GERD), creato per soddisfare i bisogni energetici della popolazione etiope. La capitale Addis Abeba, il 15 luglio 2020, ha iniziato il riempimento della diga senza accordarsi con l’Egitto e il Sudan, paesi africani che avevano espresso il loro interesse per l’utilizzo esclusivo del fiume Nilo. Il presidente egiziano Al-Sisi teme che la disponibilità delle risorse energetiche del suo Paese venga compromessa dalla costruzione della diga in Etiopia, mentre il governo etiope, dal canto suo, si ritiene legittimato ad utilizzarla. La guerra al momento è ancora un’ipotesi lontana, ma se non si dovesse raggiungere un accordo, non è da escludere che l’Egitto prenda provvedimenti militari.
Le prospettive non sono rosee, quindi. Secondo una previsione dei ricercatori del Water, Peace and Security Partnership (organizzazione nata nel 2018 per affrontare i rischi legati all’acqua, con tecnologie all’avanguardia e servizi innovativi), le zone al centro di scontri nei prossimi anni saranno soprattutto il Medio Oriente e l’Africa. Del resto è inevitabile che, se la tendenza non sarà invertita, con l’aumento della popolazione mondiale e l’accelerazione dei cambiamenti climatici, in futuro sempre più conflitti saranno causati dall’accesso all’acqua.
La posizione dell’UE a riguardo è riassunta nel discorso tenutosi il 22 marzo 2019, in occasione della Giornata Mondiale dell’acqua, dall’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione Europea, Federica Mogherini: “Mi ritengo fortemente contraria all’uso dell’acqua come arma da guerra. L’UE proseguirà il suo lavoro instancabilmente per prevenire e risolvere i conflitti; contribuire a una gestione equa, sostenibile e integrata delle risorse idriche; e promuovere la resilienza nei confronti dei cambiamenti climatici e a qualsiasi altra cosa abbia un impatto sull’acqua”.
Chiara Pira